venerdì 25 settembre 2020

PoliMi: cittadini, medici e ospedali più digitali post Covid


 

Secondo il PoliMi resta comunque ancora lontana una piena evoluzione del sistema sanitario italiano verso il modello della “Connected Care”, ovvero un sistema salute connesso e personalizzato, grazie a un utilizzo maturo delle tecnologie digitali, alla valorizzazione dei dati e all’empowerment dei cittadini e dei professionisti

L’emergenza Covid-19 ha accresciuto la consapevolezza tra cittadini, professionisti sanitari e manager delle strutture sanitarie sul contributo del digitale nel processo di prevenzione, cura e assistenza. Ma è ancora lontana una piena evoluzione del sistema sanitario italiano verso il modello della “Connected Care”, ovvero un sistema salute connesso e personalizzato, grazie a un utilizzo maturo delle tecnologie digitali, alla valorizzazione dei dati e all’empowerment dei cittadini e dei professionisti.

Nel 2019 la spesa per la Sanità Digitale era cresciuta del 3%, raggiungendo un valore di 1,43 miliardi di euro e confermando il trend di crescita già osservato negli ultimi anni. Per il 2020, il 45% dei CIO delle aziende sanitarie stima un aumento delle spese correnti e il 47% una crescita degli investimenti per la sanità digitale. Il boom di interesse per la Telemedicina durante il lockdown ha portato a un aumento delle sperimentazioni: il 37% delle strutture sanitarie sta sperimentando il Tele-monitoraggio (27% nel 2019) e il 35% la Tele-visita (15% nel 2019).

 

I medici sono sempre più aperti all’uso di strumenti digitali. E secondo il 57% dei medici specialisti e il 50% dei medici di medicina generale (MMG) ci sarà un impatto rilevante sul sistema sanitario nei prossimi cinque anni delle Terapie Digitali, le soluzioni tecnologiche per ottimizzare la cura del paziente (sia di concerto che indipendenti da farmaci, dispositivi o altre terapie). I medici già consigliano ai propri pazienti le App per la salute, tra cui quelle per migliorare l’attività fisica (44% degli specialisti e dei MMG), quelle per ricordarsi di prendere un farmaco (36% specialisti e 37% MMG) e quelle per monitorare i parametri clinici (35% specialisti e 40% MMG).

Anche i cittadini hanno sempre più familiarità con le nuove tecnologie. Durante l’emergenza sanitaria il 71% di coloro che hanno avuto bisogno di informarsi sui corretti stili di vita lo ha fatto sul web e il 79% vuole farlo in futuro. Il 74% è interessato a farlo per cercare informazioni su problemi di salute e malattie e il 73% per farmaci e terapie. Le App per la salute più utilizzate sono per mettere alla prova le abilità mentali (28%), per aumentare l’attività fisica (23%) e per migliorare l’alimentazione (14%). Più limitato l’impiego di chatbot e assistenti vocali per l’autovalutazione dei sintomi (10%).

Sono alcuni risultati della ricerca dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano, presentata oggi al convegno online “Rivoluzione Connected Care: se non ora, quando?”. “Nonostante importanti passi avanti, la digitalizzazione della Sanità è ancora insufficiente su molti ambiti che avrebbero potuto alleviare il costo sociale, economico e sanitario della pandemia e che potrebbero fare la differenza in futuro, come Telemedicina, App per il paziente, Terapie digitali e Intelligenza Artificiale – afferma Mariano Corso, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità -. Per rendere il nostro SSN più resiliente di fronte a una nuova crisi sanitaria occorre non solo potenziare il sistema sul territorio, ma modificarne l’architettura verso un modello di Connected Care in cui l’organizzazione, i processi di cura e assistenza siano ripensati in ottica digitale”.

Internet e chatbot per informazioni sanitarie – Dalla ricerca svolta su un campione di mille cittadini statisticamente rappresentativo della popolazione italiana, in collaborazione con Doxapharma, emerge che nei mesi centrali dell’emergenza sanitaria è aumentato il numero di cittadini che ha utilizzato Internet per informarsi sui corretti stili di vita, passando dal 60% di chi ne ha avuto bisogno prima dell’emergenza al 71% durante. Il 79% di chi ha cercato in passato questo tipo di informazioni intende farlo in futuro attraverso i canali digitali, il 74% è interessato a farlo per problemi di salute e malattie, il 73% per farmaci e terapie. Il 62% vorrebbe cercare informazioni per formulare una diagnosi sulla base dei propri sintomi, mentre solo il 23% si sente sicuro a prendere decisioni sulla propria salute basandosi su informazioni trovate online.

Diverse istituzioni, aziende sanitarie e altri enti hanno introdotto chatbot per rispondere in maniera automatica alle principali richieste da parte dei cittadini sul tema Covid. L’uso dei cittadini, però, è ancora limitato, intorno al 10% per l’autovalutazione dei sintomi, con punte del 20% nella fascia dei 35-44enni. È stato, inoltre, possibile rilevare l’opinione dei medici rispetto all’impatto delle soluzioni di intelligenza artificiale sulla cura e assistenza dei pazienti, attravero la ricerca sui medici specialisti, svolta in collaborazione con AME, FADOI, PKE e SIMFER, e sui medici di medicina generale, in collaborazione con la FIMMG. L’impatto è giudicato positivo e concreto per i coach virtuali che aiutano a migliorare gli stili di vita (secondo il 72% degli specialisti e il 53% dei MMG) e per gli assistenti vocali che consentono di monitorarli (63% specialisti e 49% MMG), mentre è negativo per il riconoscimento dei sintomi, la cura di una patologia o la formulazione di una diagnosi (oltre il 60% di specialisti e MMG).

Le App – Le App per la salute più usate sono quelle per mettere alla prova le abilità mentali (28%), aumentare l’attività fisica (23%) e migliorare l’alimentazione (14%). I più giovani sono i più abituati a usare queste applicazioni: il 28% dei 25-34enni usava app per l’alimentazione già prima del Covid e un altro 17% è interessato a farlo in futuro, il 35% dei 15-44enni utilizzava già app per migliorare l’attività fisica prima dell’emergenza e il 17% di chi non le ha mai provate lo farà in futuro. C’è meno interesse per le app per monitorare i parametri clinici (9%), rilevare sintomi (5%) e suggerire una diagnosi o un trattamento (6%), considerando anche che il campione intervistato è prevalentemente sano (80%).

Un cittadino su quattro monitora i dati raccolti tramite App o dispositivo wearable, utilizzandoli per prendere decisioni sul proprio stile di vita. Il 10% li visualizza ma non li utilizza, perché non affidabili (7%) o di difficile interpretazione (3%). Solo il 5% li condivide con il medico, il 67% non lo ha fatto perché non ha avuto necessità e il 13% perché il medico non era interessato a riceverli. Eppure, i medici specialisti sono interessati a ricevere dati su parametri clinici (51%), aderenza alla terapia (48%) e sintomi (42%) del proprio paziente, e anche i MMG, soprattutto sui parametri clinici (30%) e l’aderenza alla terapia (26%). Una buona percentuale di medici già consiglia alcune App ai pazienti, circa la metà lo farebbe in futuro.

L’Osservatorio ha censito a livello internazionale 302 startup che offrono servizi e applicazioni in ambito salute per pazienti, che ricevono un finanziamento medio di 6,8 milioni di dollari. Le più finanziate sono quelle che migliorano l’attività fisica (21,6 milioni), l’alimentazione (18,5 milioni), la salute della donna e la gravidanza (12,7 milioni), quelle che riducono lo stress e promuovono la mindfulness (11,4 milioni) e facilitano l’interazione medico-paziente (9,6 milioni). Sotto la media, invece, le soluzioni per il monitoraggio dei parametri vitali (3,3 milioni) e dell’aderenza alla terapia (2,8 milioni).

“Tra le App per la salute, l’ambito più promettente riguarda la prevenzione e il miglioramento degli stili di vita, anche se l’uso da parte dei cittadini è ancora limitato – afferma Chiara Sgarbossa, Direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità -. Il ruolo dei medici sarà fondamentale nel consigliare al cittadino quelle applicazioni, possibilmente certificate, in grado di fornire un valido supporto al paziente e consentire al medico di ricevere dati utili per la cura e l’assistenza. Ma la vera sfida per il futuro sarà la successiva integrazione di questi dati all’interno dei sistemi informatici utilizzati dal medico, dalle strutture sanitarie e dalle Regioni, necessaria per abilitare una medicina preventiva e personalizzata”.

Terapie Digitali – A livello internazionale le terapie tradizionali sono già accompagnate, e in qualche caso sostituite, dalle Terapie Digitali. “Si tratta di soluzioni tecnologiche, fra cui le App, che devono essere clinicamente certificate e autorizzate dagli enti regolatori e che aiutano i pazienti nell’assunzione di un farmaco, aumentando l’aderenza alla terapia o modificando i comportamenti – spiega Emanuele Lettieri, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità -. In Italia la loro diffusione sarà possibile solo a seguito di sperimentazioni cliniche robuste come avviene per i farmaci, con un corretto disegno dello studio e la raccolta di un livello di evidenza adeguato. Ulteriore condizione è la rimborsabilità del SSN, alla pari di un farmaco, a seguito della prescrizione di un medico in associazione o sostituzione di un farmaco”.

Il 57% degli specialisti e il 50% dei MMG ritengono che le terapie digitali avranno un impatto rilevante nei prossimi cinque anni, soprattutto per la possibilità di prescrivere App per il monitoraggio dell’alimentazione e dell’attività fisica, ma un quarto degli specialisti e un terzo dei MMG ancora non conoscono e non sanno valutare queste soluzioni. Le Terapie Digitali più interessanti per i medici sono le soluzioni per il supporto al monitoraggio dell’aderenza terapeutica (41% specialisti e 30% MMG). Circa metà dei direttori delle aziende sanitarie considera l’ambito importante e sta già cercando di far propria questa innovazione. Circa un direttore su quattro si dichiara “incerto” rispetto a queste soluzioni. Per i medici le principali barriere alla diffusione delle Terapie Digitali sono la scarsa conoscenza della validità clinica delle soluzioni (70% degli specialisti e 59% dei MMG) e un mercato ancora immaturo (58% specialisti e 51% MMG), mentre il principale beneficio è la possibilità di monitorare il paziente con più continuità (66% specialisti e 50% MMG).

I servizi digitali al cittadino – L’emergenza ha evidenziato l’importanza della possibilità di accedere da remoto ai servizi sanitari per garantire il distanziamento sociale e ridurre il rischio di contagio. Secondo il 69% dei CIO, nel 2020 è previsto un aumento di spesa per i servizi digitali, ambito che risulta molto rilevante anche per l’80% delle Direzioni strategiche. I servizi digitali più utilizzati dai cittadini prima dell’emergenza erano il ritiro dei documenti (29% di chi ha avuto accesso al servizio), le prenotazioni online di visite o esami (23%) e il pagamento delle prestazioni (15%). Più del 60% dei cittadini che ha utilizzato questi servizi sanitari intende accedervi in futuro attraverso i canali digitali associati. Un altro canale di accesso ai servizi sanitari è la farmacia: il 24% del campione ha pagato visite o esami e ha ritirato i propri referti in farmacia, il 21% ha prenotato una prestazione, meno utilizzati i servizi di telemedicina in farmacia. I servizi più interessanti in prospettiva futura sono il supporto all’attivazione del Fascicolo Sanitario Elettronico (18%) e la consegna a domicilio dei farmaci (18%).

La Telemedicina – Il ruolo avuto nella gestione dell’emergenza ha attirato una nuova e crescente attenzione sulla Telemedicina. Il 78% delle Direzioni strategiche la considera un ambito molto rilevante e il 79% dei CIO stima un aumento del budget dedicato nel 2020. Anche le sperimentazioni hanno registrato un aumento e il tema è entrato nell’agenda dei Direttori delle aziende sanitarie, con il 35% che reputa la propria azienda “pioniera” (già pronta) e un altro 61% che si sta attrezzando per adottarle.

“L’aumento di nuove esperienze, anche se per ora solo sperimentali, sul fronte della Telemedicina è solo agli inizi del suo percorso e ha avuto un forte impulso negli ultimi mesi proprio a causa dell’emergenza sanitaria e alle conseguenti novità sul fronte normativo –afferma Cristina Masella, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità -. È necessario che questi servizi siano progettati per un reale presa in carico dei pazienti e inseriti in un sistema di relazioni tra ospedale e territorio dai confini chiari. Solo così sarà possibile ottenere i benefici che i medici, che abbiamo intervistato, si attendono in termini di efficacia ed efficienza”.

La valorizzazione dei dati sanitari – L’Osservatorio ha indagato il livello di maturità delle aziende sanitarie nella gestione e valorizzazione dei dati sui pazienti. Su quelli amministrativi le aziende dimostrano maggiore maturità: il 62% li analizza con strumenti di descriptive analytics, l’8% con logiche di advanced analytics, ma il 14% li raccoglie e non li analizza. Mentre i dati gestionali e organizzativi sono analizzati in modalità descrittiva dal 43% delle aziende, con strumenti avanzati dal 5%, d’altronde il 24% non li analizza anche se disponibili. I dati provenienti da App, wearable e sensori sono raccolti solo dal 22% delle aziende e analizzati da appena l’11%, quelli provenienti da web e social media sono raccolti dal 22% e analizzati dal 6%.

Il 40% dei medici specialisti e il 24% dei MMG ritiene che nei prossimi cinque anni l’Artificial Intelligence avrà un impatto rilevante sulla sanità, perché strumenti di Machine Learning aiuteranno a analizzare e valorizzare grandi moli di dati, fornendo anche un supporto decisionale. Tuttavia, solo il 35% dei Direttori reputa al momento l’intelligenza artificiale un ambito molto rilevante e solo l’8% di questi ritiene l’azienda “pioniera” su questo. Per la maggior parte dei CIO, in azienda c’è una conoscenza assente o limitata di queste tematiche (63%) e mancano le competenze necessarie per la gestione dell’AI (60%).

“La costruzione di un ecosistema di Sanità connessa basato sulle soluzioni digitali in grado di generare dati, raccoglierli, integrarli e valorizzarli rappresenta la sfida principale del nostro sistema sanitario per i prossimi anni – afferma Paolo Locatelli, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità -. Oggi è un ambito ancora da sviluppare, con pochi investimenti, competenze carenti e sistemi poco integrati e interoperabili. Per raggiungere questo obiettivo dovranno collaborare tutti gli attori del sistema salute, dalle istituzioni alle aziende ospedaliere, dai cittadini alle università e ai centri di ricerca”.

fonte: Sanità-digitale.com

mercoledì 9 settembre 2020

Rivoluzione tecnologica: I trend nella sanità digitale


Con “sanità digitale” si fa riferimento all’applicazione dell’innovazione tecnologica e della digitalizzazione nelle pratiche medico-sanitarie e nell’ottimizzazione del percorso di cura dei pazienti.
Si tratta di un nuovo scenario capace di supportare in maniera concreta le attività di molteplici settori sanitari (l’assistenza, la sorveglianza, lo studio per promuovere prevenzione e diagnosi ma anche il trattamento e il monitoraggio delle condizioni) semplificare l’accesso ai servizi, migliorarne l’efficienza e ottimizzare la gestione e l’organizzazione delle pratiche medico-sanitarie nell’intero settore della sanità.
La rivoluzione digitale in campo medico va dunque ricercata, voluta e supportata così da rispondere efficacemente ai condizionamenti settoriali e sfruttare le opportunità a disposizione: più informazione, maggiore integrazione dei servizi, più competenze trasversali, relazioni fluide e dirette, etc.

Quali sono i trend tecnologici che incidono positivamente sul settore della sanità e quali i vantaggi per pazienti e strutture sanitarie

Fascicolo Sanitario Elettronico
Il FSE è lo strumento attraverso cui un paziente/utente può tracciare e consultare la propria storia medico-sanitaria e condividerla in maniera immediata e diretta con i professionisti sanitari.
Esso è in effetti definito come uno strumento che raccoglie “l’insieme dei dati e documenti digitali di tipo sanitario e socio-sanitario generati da eventi clinici presenti e trascorsi, riguardanti l’assistito” (DPCM n.179/2015) e a seguito del consenso del paziente può esser aggiornato e reso disponibile in formato digitalizzato da tutti i professionisti presenti sul territorio nazionale.
Il FSE è una base informativa completa che permette di:
-          facilitare l’integrazione delle diverse competenze professionali e semplificare l’assistenza del paziente;
-          rendere disponibile ai pazienti la loro documentazione sanitaria, sempre e ovunque (non sarà più necessario che il paziente porti con sé i propri documenti sanitari ogni qualvolta cambi struttura o medico);
-          Semplificare una serie di operazioni che riguardano le prestazioni e l’offerta di salute (immediata visualizzazione di referti, prenotazioni, terapie, etc);
-          Favorire il processo di dematerializzazione dei documenti sanitari (con conseguente e favorevole abbattimento dei costi per la gestione e la conservazione dei documenti cartacei),
-          Migliorare la qualità della vita e facilitare il dialogo, l’interazione e il rapporto tra medici e pazienti.

Telemedicina
La telemedicina è l’insieme di tecniche mediche e informatiche che permettono di fornire servizi sanitari e consulenze mediche da remoto, favorire il colloquio diretto tra medico e paziente via smartphone e/o laptop, nonché, monitorare e sostenere con tempestività e costanza le terapie dei pazienti cronici.
La telemedicina conduce il paziente al centro del percorso di cura ed è garanzia di una pluralità di benefici e vantaggi:

-          Elimina le barriere geografiche e accorcia le distanze, consentendo, ad esempio, ai pazienti di poter chiedere un consulto anche a chi opera fuori regione senza dover affrontare spostamenti;
-          Garanzia di una maggiore equità d’accesso alle cure e di una gestione continua dei casi cronici;
-          Abbatte i tempi d’attesa e limita la presenza massiccia dei pazienti negli ambulatori e in sala d’attesa;
-          Agevola l’interazione di diversi specialisti in un unico caso terapeutico, indipendentemente dalla struttura o dal paese in cui operano.
In realtà, l’Italia non ha un’infrastruttura sanitaria che supporti la medicina digitale, anche se ha competenze e risorse per poterla attuare al meglio. La medicina digitale trova applicazione per quanto riguarda le ricette mediche e per evitare lunghe file alle Asl, con un minor spreco di tempo, energia e denaro. L’Italia è il Ventiquattresimo paese su 28 per sviluppo digitale.  Secondo alcune stime in Italia si potrebbero costruire 600 ospedali intelligenti, e in questo modo trovare le risorse risparmiando il 30% delle spese sanitarie. Gli Hub digitali non sono un’utopia, il politecnico di Milano ha stimato un risparmio sulla spesa sanitaria di 15 miliardi di euro; una somma che si potrebbe investire nelle Start up del settore sanitario, e nella formazione di infermieri informatizzati. Infine, ci sono 30 miliardi di euro che l’Europa mette a disposizione  per lo sviluppo digitale dietro presentazione di progetti. In Italia ci sono le competenze, le tecnologie e le apparecchiature, per realizzare una rivoluzione anche nel campo della sanità pubblica, ma ciò non avviene.

Cup – Centri Unici di Prenotazione
Uno dei trend della sanità digitale che favorisce l’accesso all’assistenza sanitaria in tempi rapidi è il CUP, Centri Unici di Prenotazione (CUP). Il CUP, consente al cittadino/paziente di effettuare la prenotazione dei servizi sanitari mediante diversi canali digitali (mail e/o totem posti nelle farmacie, portali internet, applicazioni mobili, etc) che integrati alle rispettive agende di prenotazione favoriscono l’abbattimento dei tempi d’attesa e la diretta accessibilità alla cura.
Per CUP s’intende il sistema centralizzato e informatizzato di prenotazione delle prestazioni sanitarie, mediante cui gestire l'intera offerta (SSN, regime convenzionato, libera professione) in modo organizzato ed efficiente, e supportare le modalità di programmazione dell’offerta sanitaria per contenere i tempi d’attesa, migliorare il servizio assistenziale ai pazienti, ottimizzare l’offerta verso il paziente e valutarne il fabbisogno confrontando quanto prenotato con quanto concretamente erogato. Il CUP, tra l’altro oggi, si integra con le agende di prenotazione di software e gestionali medici, utilizzati in ambulatori e strutture sanitarie convenzionate con il SSN, favorendo il processo di digitalizzazione dell’intero settore medico-sanitario.

Applicazione medico-sanitarie sia per i pazienti che per i medici
Le applicazioni digitali, diversamente dalle tecnologie sopra evidenziante, rispondono al fabbisogno del paziente di attuare percorsi preventivi e tener sotto controllo i parametri vitali di base, o altre preziose informazioni come, ad esempio, la frequenza cardiaca, la pressione, la qualità del sonno, ETC e a medici e strutture sanitarie di monitorare lo stato di salute dei  pazienti e finalizzare, nell’eventualità, la redazione di referti e terapie da remoto. Con tali strumenti il paziente acquisisce maggiore consapevolezza, autonomia e tempestività sia nel monitoraggio del suo stato di salute che nel rispondere alle indicazioni terapeutiche fornite.

Il mercato della sanità digitale, dunque, è sempre più guidato dalle attese dei pazienti, dalla loro sempre più acuta consapevolezza nei confronti di temi legati alla salute e al benessere e dai loro stili di vita più digitali. Strutture e medici, pertanto, devono rispondere strategicamente, ascoltando le necessità dei pazienti e offrendo soluzioni digitali idonee al miglioramento del loro percorso di cura e al raggiungimento di sempre più efficaci ed efficienti obiettivi di performance.





mercoledì 2 settembre 2020

L' epatite C è più diffusa di quanto si creda


Ricerca dell'Ospedale Mestre, tasso di positività più che doppio

L'infezione da virus dell'epatite C è molto più diffusa di quanto si ritenga. E' la conclusione di un'indagine effettuata dai medici della Gastroenterologia dell'ospedale all'Angelo di Mestre (Venezia) con la collaborazione del Laboratorio analisi e della Microbiologia, validata e accolta dal congresso internazionale di Epatologia organizzato dalla Società europea per lo studio del fegato.
    Il tasso di positività, misurato su 11 mila pazienti ricoverati nell'area chirurgica dell'ospedale, si è attestato sul 2,2%, contro una prevalenza, per territorio veneziano, stimata attorno allo 0,7-1%.
    "La prevalenza di questa infezione è dunque superiore a quella attesa - afferma il primario Alessandro Caroli, che ha ideato e diretto lo studio scientifico -. La maggioranza dei pazienti identificati non era al corrente dell'infezione, che spesso decorre subdola e senza sintomi. La nostra proposta è quindi di attivare in tutti gli ospedali lo screening per il virus dell'epatite C al momento del ricovero, per identificare i portatori e riuscire poi a trattare ed eliminare una fetta consistente di questa infezione".
    La cura del paziente con epatite C è più semplice ed efficace rispetto al passato, grazie ai nuovi antivirali ad azione diretta, sostanzialmente priva di effetti collaterali e di grande efficacia, perché nel 99% dei casi comporta l'eliminazione del virus. Il costo si è fortemente ridotto e alla terapia possono essere sottoposti pressoché tutti i pazienti, rispondendo all'indicazione dell'Organizzazione mondiale della sanità. "Il nostro studio - prosegue Caroli - ha dimostrato che i pazienti ricoverati rappresentano una parte di popolazione facilmente indagabile, con costi molto inferiori a quelli di uno screening effettuato nel territorio. Basta inserire questo semplice test nel complesso degli esami a cui viene sottoposto il paziente al momento del ricovero. I risultati arrivano in un giorno ed è poi possibile valutare rapidamente il paziente e avviarlo alla terapia".
    Per il direttore generale dell'Ulss 3 Serenissima, Giuseppe Dal Ben "l'indagine conferma l'importanza dell'ospedale di Mestre non solo per l'eccellenza delle sue cure, ma anche per la qualità dei suoi specialisti, in grado di ideare e farsi promotori di studi scientifici e di buone nuove pratiche".
  Fonte  (ANSA)

Cos'è L'Epatite C


Ricordiamo che l'Epatite C è un’infezione del fegato causata da un virus denominato HCV(Hepatitis C Virus) appartenente al genere hepacivirus nella famiglia Flaviviridae. 
L'infezione è spesso asintomatica sia nella fase acuta che nella fase cronica. Nel corso della sua evoluzione può causare un progressivo danno al fegato, che modifica la struttura anatomica normale sostituendo, nel corso del processo infettivo, tessuto epatico normale con tessuto cicatriziale fibrotico.
Quando questo processo evolve si può arrivare, fortunatamente in una bassa percentuale di persone con infezione da HCV, alla forma più grave di danno al fegato provocato da questo virus che è la cirrosi epatica.

Come si trasmette l'Epatite C

Il contagio dell’infezione da HCV avviene principalmente per via parenterale, cioè attraverso il sangue e molto meno frequentemente per via sessuale.