mercoledì 30 ottobre 2019

Come prevenire la demenza senile


Il tè migliora l'organizzazione cerebrale nelle persone anziane, in questo modo rallenta l'invecchiamento delle cellule

Uno studio condotto a Singapore Dopo una revisione di 96 studi che ha scoperto quante tazze bisogna bere ogni giorno per prevenire le malattie croniche, ora un nuovo lavoro condotto all’Università nazionale di Singapore rivela che per avere un cervello più giovane e performante gli anziani dovrebbero berlo almeno quattro volte a settimana. La ricerca è stata condotta in collaborazione con la University of Essex e quella di Cambridge e pubblicato su Aging.

Quattro volte a settimana
per circa 25 anni

È stato realizzato per quattro anni, dal 2015 al 2018, su 36 soggetti adulti con più di 60 anni. Del campione sono stati raccolti vari dati relativi allo stato di salute, alle abitudini di vita, agli aspetti del benessere psicologico. Tutti sono stati sottoposti a dei test neuropsicologici e a una risonanza magnetica cerebrale. Dall’analisi delle performance cerebrali e degli esami di neuroimaging, gli autori hanno evidenziato che chi aveva consumato tè (verdè, oolong, nero) almeno quattro volte a settimana per  circa 25 anni, presentava una più efficiente interconnessione delle regioni cerebrali.

Come una rete autostradale per organizzata

«Una similitudine di quanto abbiamo osservato – spiega l’autore dello studio – si può fare con il traffico stradale: le regioni cerebrali sono le destinazioni, mentre le connessioni tra le diverse regioni sono le strade. Quando una rete stradale è meglio organizzata, il traffico delle macchine e dei passeggeri risulta più efficiente e consuma meno risorse. Allo stesso modo, quando le connessioni tra diverse regioni del cervello sono più strutturate, il processamento delle informazioni avviene in maniera più efficiente». Così i risultati di questo nuovo studio, relativo ai network cerebrali, dimostrano gli effetti positivi di un consumo regolare di tè nel migliorare l’organizzazione cerebrale, ottenuta prevenendo la distruzione delle connessioni inter-regionali.
fonte: ok-salute.it

lunedì 28 ottobre 2019

Disturbi del linguaggio Balbuzie: cure e rimedi


La balbuzie è un disturbo del linguaggio, che è caratterizzato da variazioni del ritmo della parola, che sono chiamate disfluenze. In pratica il linguaggio è difficoltoso a causa di continue ripetizioni, prolungamenti e arresti delle parole. Sono colpiti circa il 3% dei bambini sotto i sei anni. I bambini sono interessati 4 volte di più rispetto alle bambine. La balbuzie si chiama anche disturbo della fluenza verbale. Balbuzie: cause, conseguenze e rimedi.

Balbuzie: cosa sono le disfluenze? 

Come si diceva le disfluenze non sono altro che ripetizioni o prolungamenti delle parole. Non indicano per forza che si è colpiti da balbuzie, tanto che nei bambini sotto i 4 anni sono abbastanza comuni. Riguarda più o meno un bambino ogni dieci e nella grande maggioranza dei casi si risolve spontaneamente.

Diversi tipi di balbuzie

Ci sono differenti tipi di balbuzie:
  1. Forma clonica: quando si ha la ripetizione della sillaba;
  2. Forma tonica: avviene quando ci si arresta all’inizio della frase con allungamento della sillaba o del fonema difficile da pronunciare;
  3. Forma mista: quando c’è sia l’allungamento, sia la ripetizione. In questo caso la comunicazione è particolarmente complicata.
La balbuzie può essere classificata anche in base all’età in cui si manifesta il disturbo:
  • quella evolutiva esordisce tra i 2 e i 4 anni. In genere il disturbo del linguaggio si risolve autonomamente in pochi mesi. È causata dalla fisiologica evoluzione dell’apprendimento del linguaggio;
  • la benigna compare in media intorno ai 7 anni e mezzo. Anche in questo caso di solito si risolve spontaneamente dopo però 2 o 3 anni;
  • quella persistente può invece cominciare tra i 3 anni e mezzo e gli 8 anni ed è la più complicata da trattare.

Balbuzie: quali sono i sintomi?

 La balbuzie si manifesta con:
  • ripetizione delle sillabe;
  • interruzione delle parole;
  • prolungamento di suoni;
  • interiezioni;
  • eccessiva tensione fisica quando si pronunciano le parole;
  • contrazioni anomale di vari gruppi muscolari, soprattutto quelli interessati alla fonazione. Si verificano in genere all’inizio di una frase;
  • blocchi udibili o silenti;
  • circonlocuzioni, in pratica la sostituzione di parole per evitare parole problematiche;
  • ripetizione di intere parole monosillabiche.
Parlare implica il controllo e la coordinazione di oltre 100 muscoli contemporaneamente. Ecco perché lo studioso del linguaggio Martin Sommer ha paragonato la balbuzie al suono prodotto da un’orchestra disorganizzata: i singoli orchestrali suonano bene, nessuno strumento funziona male, ma manca il coordinamento delle singole parti che, attivandosi nel momento giusto, rendono possibile il parlare. Il balbuziente sa perfettamente ciò che vuole dire, ma non ci riesce.

Quali sono le cause?

Qualche decennio fa si pensava che la balbuzie fosse un problema legato all’emotività. Oggi si considerano una serie di concause. Uno studio americano pubblicato sul New England Journal of Medicine ha individuato tre geni responsabili del disturbo. La balbuzie ha una base genetica, come prova la forte familiarità: il 75% dei bambini che balbettano ha parenti balbuzienti. I fattori emozionali sono solo cause scatenanti in soggetti già predisposti. Ed è vero che la difficoltà a esprimersi aumenta quando i balbuzienti sono sotto pressione comunicativa, parlano al telefono o non si sentono a loro agio con l’interlocutore.

Quali sono le terapie?

La terapia in media dura dai sei ai 12 mesi. È utile un approccio integrato: logopedia più aiuto psicologico. Il balbuziente lavorerà sul suo atteggiamento comunicativo e sulla gestione dell’ansia per esprimersi serenamente, con esercizi specifici a seconda di come si manifesta il disturbo, intervenendo in genere sulla respirazione e sull’organizzazione ritmica del linguaggio. La recitazione è un valido supporto per i balbuzienti. Imparano a calarsi in personaggi diversi, con differenti modelli comunicativi: così riescono a esprimersi pienamente e più facilmente.

Qual è la diagnosi? Si cura?

La diagnosi può essere fatta dai tre anni di età in poi. Essendo un disturbo del linguaggio non è difficile accorgersi che il bambino abbia difficoltà nel parlare. Il consiglio è quello di rivolgersi subito al proprio pediatra per capire se si tratti di una fisiologica difficoltà nella comunicazione quando si è piccoli o se siamo di fronte a una balbuzie vera e propria. Di solito il pediatra consiglierà la visita di uno specialista della cura dei disturbi del linguaggio.
Nella visita bisognerà indagare tutti gli aspetti, dalla familiarità a traumi vissuti nel passato, anche quelli avuti durante il parto, fino a eventuali malattie neurologiche. Per effettuare la diagnosi. Occorre capire quando la balbuzie ha fatto il suo esordio, quanto siano seri i sintomi. Di conseguenza il paziente viene sottoposto ad alcuni test che possano verificare tutti questi aspetti. La terapia in media dura dai sei ai 12 mesi.

Un team interdisciplinare

Per la soluzione della balbuzie occorre mettere in campo un team, che comprenda:
  • un pediatra,
  • un logopedista,
  • un neurologo,
  • uno psicologo.
Sono molti del resto gli aspetti che devono essere presi in considerazione. Bisogna comprendere se ci siano eventuali problemi organici e quali siano le difficoltà emotive e psicologiche che stanno alla base di questo disturbo. Non va sottovalutato neppure il fatto che il balbuziente diventa una persona tendenzialmente chiusa, con una bassa autostima.
Bisogna ricordarsi che nella stragrande maggioranza dei casi ci si sta rivolgendo a un bambino. Di conseguenza è fondamentale l’approccio più accogliente e accudente possibile, in modo che non si senta né messo sotto pressione, né sopra o sottovalutato.

Balbuzie: come devono comportarsi i genitori?

La famiglia gioca un ruolo cruciale. La prima regola è non far sentire il bambino diverso per il suo disturbo del linguaggio. Ascoltarlo quando parla anche balbettando con un atteggiamento di attenzione e serenità è un passo fondamentale. Non dimostrare mai fretta, insofferenza, ansia e non finire, né suggerire mai le parole.
Può essere estremamente utile valorizzare le altre qualità del bambino in modo da aumentare la sua autostima.

Mai anticipare il bambino quando parla, completando le parole o le frasi e non interromperlo dicendogli che si è già capito. Evitare di promettere premi se riesce a parlare correttamente, mai mortificarlo davanti a parenti e amici. Dimostrare interesse verso quello che dice è imprescindibile.

Chi balbetta è più a rischio di bullismo 

La scuola riapre finalmente i battenti e ciò, per alcuni studenti, è motivo di ansia: stando a un rapporto Istat, infatti, poco più del 50% dei ragazzi tra gli 11 e i 17 anni ha subito qualche episodio offensivo, non rispettoso e/o violento da parte di altri coetanei nei 12 mesi precedenti. Nel 6% dei casi la derisione è causata dall’aspetto fisico o dal modo di parlare, tanto che i bambini con disturbi specifici del linguaggio, tra cui la balbuzie, sono tre volte più a rischio di bullismo. La balbuzie, a volte associata anche a spasmi facciali o movimenti involontari, attira l’attenzione degli altri e può far diventare il ragazzo che balbetta un facile bersaglio di scherno.

lunedì 14 ottobre 2019

Obesità aumento del rischio di cancro


L'11 ottobre scorso è stata la giornata mondiale dell'obesità, con l'aumento di peso aumenta il rischio di cancro del 50%

Secondo un recente studio del Cancer Council of Victoria, che ha seguito oltre 30 mila persone fino ai trent'anni. Sotto esame l'indice di massa corporea che si assume con l'età adulta e l'incidenza di cancro legato all'obesità.
Lo studio ha dimostrato che aumentando di peso gradualmente durante l'età adulta ha un rischio di oltre il 30% di contrarre 13 tipi diversi di cancro. Gli adulti, invece, che diventano obesi hanno un rischio che raggiunge il 50%. 
Per verificare se si è in sovrappeso l'indice di massa corporea deve superare 25. 
Come si calcola IMC
Peso kg / (Altezza x Altezza) = Peso/(risultato AxA) = IMC

Esempio:
55Kg / (1,58 x 1,58) = 2,4    =   55/2,4 = 22,91 IMC

è possibile calcolare la propria massa corporea anche on line
Calcola il tuo IMC

Fino a 30 si è in sovrappeso, mentre superando 30 si è obesi. 

Con l'obesità cresce il rischio di alcuni tipi di cancro che riguardano il fegato, all'esofago, al pancreas, tiroide, ovaie.

Gli studiosi raccomandano di mantenere un peso corporeo normale durante l'età adulta, seguire uno stile di vita sano, con un'alimentazione con pochi cibi grassi e con un'adeguata attività fisica. Tali fattori, infatti, contribuiscono a mantenere un peso nella norma. 
Ciò che gli esperti raccomandano maggiormente è di evitare le bibite gassate e zuccherate. 
In Italia i dati sono sempre più preoccupanti; infatti l'obesità è spesso diffusa anche durante l'infanzia e l'adolescenza. Complice di questa negativa tendenza sono il fast food, le merendine e le bibite gassate. 
Le eccezioni sono sempre ammesse, ogni tanto ci si può concedere qualche piccolo peccato, ciò che non va è quando la sregolatezza nell'assumere cibi di ogni genere e a tutte le ore diventa abitudine.

L'attività fisica non dovrebbe mai essere abbandonata; non deve essere necessariamente corsa, ma anche camminata veloce, scale al posto dell'ascensore e passeggiata di almeno un'ora al giorno. 
Altri piccoli trucchi possono essere usati a tavola come ad esempio un buon bicchiere di vino al posto di una bevanda gassata, frutta secca, poco olio e poco pane, possibilmente integrale. 
Il pasto può essere preceduto da una mela o da un'insalata che diminuiscono il senso di fame. 

martedì 8 ottobre 2019

Intesa scientifica in Russia per terapie oncologiche d'avanguardia


Nell'ambito delle iniziative di internazionalizzazione della Regione Campania, una delegazione composta dall'assessore regionale alla internazionalizzazione Valeria Fascione e da un gruppo di medici e ricercatori dell’IRCCS Pascale di Napoli ha incontrato il Governatore della Regione di Perm, Maxim Reshetnikov. 

Nel corso dell'incontro, cui hanno preso parte, insieme al direttore generale del Pascale Attilio Bianchi, anche i Ministri dello sviluppo economico e della Salute della Regione di Perm (nota peraltro per essere la città del Dottor Zivago), sono stati affrontati i temi relativi allo sviluppo di collaborazioni  sul piano scientifico e accademico su campi di reciproco interesse ed in particolare nella medicina oncologica. 
Sono previsti scambi tra docenti e studenti, sviluppo di progetti di ricerca congiunti e un’intensa attività di formazione a favore dei giovani medici.
“La partnership tra il nostro Istituto Pascale e gli ospedali ed enti di ricerca russi mostra il livello di eccellenza dei nostri medici e la loro capacità di fare e di diffondere innovazione. 
La Campania, anche attraverso gli interventi di sostegno di questa Giunta, sta creando un vero e proprio ecosistema dove università, ospedali, enti di ricerca, aziende, collaborano allo sviluppo di nuove terapie oncologiche che trovano applicazione in tutto il mondo”. 
Nel corso dell’incontro l’Assessore Fascione ha invitato a nome del Presidente De Luca il Governatore Reshetnikov ad un incontro bilaterale in Campania per valutare ulteriori possibilità di collaborazione in campo economico. L’invito è’ stato accettato con entusiasmo: prossimo appuntamento per gli inizi del 2020.
La Fondazione Pascale
L’Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori “Fondazione Giovanni Pascale”, fondato nel 1933 ad opera del Senatore Giovanni Pascale; è oggi un Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) di diritto pubblico che, coniugando attività di ricerca (sperimentale e clinica) e prestazioni assistenziali di elevata complessità e qualità, costituisce una tra le più significative realtà sanitarie del Sud d’Italia in campo oncologico
L’Istituto Nazionale Tumori rappresenta il centro di riferimento regionale per la diagnosi e cura delle patologie neoplastiche, riconosciuto come Centro Oncologico di Riferimento Polispecialistico (CORP) con funzioni diagnostico/stadiative, terapeutiche e di follow-up oncologico e Centro Oncologico di Riferimento Polispecialistico a carattere Scientifico (CORPUS) a cui, sono attribuite anche altre funzioni peculiari nella rete oncologica della Regione Campania.

fonte: 25/09/2019 - Comunicato n. 276 - Regione Campania e Istituto Pascale

Le notti insonni danneggiano l'intestino, uno studio spiega perché

Ricerca dello Champalimaud Center for the Unknown a Lisbona

Chi lavora di notte o viaggia spesso incrociando diversi fusi orari può avere una maggiore tendenza al sovrappeso e a soffrire di infiammazione intestinale. La causa è stata oggetto di numerosi studi, e ora una ricerca dello Champalimaud Center for the Unknown a Lisbona ha scoperto che la funzione di un gruppo di cellule immunitarie, che contribuiscono fortemente alla salute dell'intestino, è direttamente controllata dall'orologio circadiano del cervello.

 I risultati sono stati pubblicati su Nature. Quasi tutte le cellule del corpo hanno un meccanismo genetico interno che segue il ritmo circadiano. Anche se questi 'orologi' cellulari sono autonomi, devono essere sincronizzati. Tra la varietà di cellule immunitarie nell'intestino, il team ha scoperto che quelle linfoidi innate di tipo 3 (ILC3), che aiutano a combattere le infezioni e controllano l'integrità dell'epitelio intestinale, erano particolarmente sensibili ai cambiamenti dei geni di questo 'orologio' interno. Il loro numero diminuiva sensibilmente quando il normale ritmo circadiano veniva interrotto. Andando alla ricerca delle cause, gli studiosi hanno compreso che alle cellule mancava una sorta di 'etichetta', un 'codice di avviamento' molecolare. Per localizzarsi nell'intestino, infatti, le ILC3 devono esprimere una proteina che funziona come un codice postale molecolare. 

Questa 'etichetta' indica loro dove 'migrare'. In assenza degli input circadiani del cervello, non sono in grado di raggiungere la loro destinazione. Secondo Henrique Veiga-Fernandes, autore principale della ricerca, i risultati chiariscono perché la salute dell'intestino venga compromessa in chi è abitualmente attivo durante la notte. "Durante il periodo attivo - sottolinea - l'orologio circadiano del cervello riduce l'attività delle ILC3 al fine di promuovere un metabolismo lipidico sano. Ma l'intestino potrebbe essere danneggiato durante l'alimentazione, quindi l'orologio circadiano del cervello indica loro di tornare".

fonte: Ansa